Asfalto divelto, erba incolta, strade disastrate. Ecco la zona artigianale di Palo.

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Erba incolta, alta e secca, asfalto letteralmente devastato, a tratti divelto, sprofondato, frantumato. Non è un cantiere ma la zona artigianale di Palo. Una piccola bretella, terminata da qualche anno, che collega la zona direttamente alla strada provinciale Palo-Bitetto evitando il passaggio a livello, quasi del tutto inagibile.


Attorno alla buca più pericolosa è stato apposto del nastro bianco e rosso per segnalarne il pericolo, una piccola interruzione che costringe il conducente di un mezzo a ignorare la vicina rotonda, percorrendola esclusivamente da sinistra, in un unico senso per chi va e chi viene. Un anfratto di paese in cui non esistono regole, pulizia, segnaletica, illuminazione e men che meno sicurezza. Un raccordo importante che congiunge la zona artigianale di Palo direttamente ad una provinciale, evitando traffico cittadino e passaggio a livello. Uno dei classici esempi di spreco del denaro pubblico, perché la domanda è: come può un manto stradale cedere sotto il peso di un mezzo pesante (sull’asfalto si possono vedere segni di grossi pneumatici)? Com’è possibile che, qualora dovesse succedere un inconveniente del genere, non si provveda al ripristino dello stato dei luoghi? Basta la segnalazione del pericolo per ovviare al problema? Per quanto tempo una strada può rimanere in determinate condizioni, al limite dell’inagibilità?


Secondo una sentenza del 2011, i giudici della Suprema Corte hanno affermato che Il sindaco e il responsabile dell’ufficio tecnico del comune assumono la posizione di garanzia, sulla base di una generale norma di diligenza che impone agli organi dell’amministrazione comunale, rappresentativi o tecnici che siano, di vigilare, nell’ambito delle rispettive competenze, per evitare ai cittadini situazioni di pericolo derivanti dalla non adeguata manutenzione e dal non adeguato controllo dello stato delle strade comunali”. (Cassazione penale, sez. IV, sentenza 07.04.2011 n. 13775).


Benché a finire sotto accusa sia il Comune, a pagare, almeno penalmente, è il dirigente alla guida del dipartimento cui è affidata anche la manutenzione della rete dei tombini.


Secondo la Cassazione, il dirigente ha il dovere di adempiere ai compiti a lui affidati: la responsabilità penale non scatta tanto per l’omessa manutenzione, quanto piuttosto per il mancato controllo delle condizioni di sicurezza, controllo che richiede sempre i segnali di pericolo appositi.


Stando a questa sentenza, il nastro bianco e rosso che circoscrive una delle tante buche, la più pericolosa, basterebbe a evitare qualsiasi incidente, con conseguenti risvolti penali, e a sentirsi con la coscienza pulita.