‘Ghetto Italia’: la dura realtà del caporalato. Presentato a palazzo san Domenico il libro di Palmisano.

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Leonardo Palmisano ha presentato il suo libro ‘Ghetto Italia’, Fandango editore, a palazzo san Domenico contestualmente  alla mostra fotografica realizzata da Bitonto TV nell’ambito dell’inchiesta sul caporalato in Puglia. Entrando siamo  circondati dalle foto emblematiche dei ghetti di Nardò e Rignano Garganico;  foto che raccontano le condizioni disumane di chi lavora nei campi per ore, sotto il sole cocente, raccogliendo pomodori e angurie che poi arriveranno sulle nostre tavole.
Il medico Nicola Damiani che opera all’interno dei campi pugliesi per la onlus Nikolaos prestando assistenza sanitaria gratuita ai braccianti italiani e stranieri, donne e uomini, ha voluto ricordare “che i risvolti sanitari per chi opera nel ghetto sono molteplici. Il mondo lavorativo e l’Italia sono un ghetto quindi impostiamoli includendo italiani e stranieri”.
Secondo Palmisano “la risposta alla crisi del sistema produttivo italiano è stata la peggiore in quanto al mondo del lavoro hanno compresso i salari e nello stesso tempo anche i diritti. Queste persone sono lavoratori, non migranti e neppure richiedenti asilo o irregolari, sono lavoratori che rientrano pienamente nella narrazione del primo articolo della nostra Costituzione”. Non si parla solo di manodopera di lavoratori stranieri ma anche italiani. Nel 2015 nelle campagne del nord barese muore Paola Clemente a 47 anni, si accascia nei campi, soffriva di una grave forma di cardiopatia; la bracciante tarantina si spostava per lavorare percorrendo 150 chilometri portata da una agenzia interinale “assunta a Taranto per ragioni di convenienza in quanto i contratti di lavoro nel tarantino sono i meno pagati d’Italia. Questa è una scelta precisa del sistema agricolo di usare metodi di sfruttamento economico e di compressione dei diritti. Per la morte della bracciante agricola è in corso una indagine perché il caporalato è un reato penale”.
Il saggio di Palmisano denuncia come i lavoratori agricoli, migliaia nel foggiano, e presenti su tutto il territorio nazionale, vengano prima sfruttati nei campi dall’industria conserviera con giornate lavorative di dodici ore e paghe che non superano i trenta/quaranta euro e poi rientrino nei ghetti, dove subiscono altre ingiustizie. Ogni servizio infatti viene pagato agli organizzatori di questi centri di raccolta, l’alloggio nelle baracche, cibo e bevande, acqua per lavarsi, il trasporto nei campi, le ricariche dei cellulari hanno un costo, le paghe vengono decurtate e intascate dai caporali. La tenaglia dello sfruttamento del sottoproletariato agricolo comprime le paghe e i diritti sia dal lato del lavoro agricolo che da quello inerente le condizioni di vita.
Il sindaco Anna Zaccheo ha partecipato all’incontro ricordando che “purtroppo a Palo c’è ancora discriminazione, purtroppo Palo è ancora spaventata da persone di colore. Questi incontri vanno incrementati, va fatta cultura e occorre denunciare le forme di sfruttamento. Come cittadina dico di predisporci all’accoglienza perché avere un centro per immigrati a Palo non deve essere visto come un’ imposizione dalla Prefettura; abbiamo accolto quaranta di loro grazie alla cooperativa San Sebastiano che gestisce il Cas (centro di accoglienza straordinario), quindi invito ad aprire le nostre menti”.