La schiavitù è nel piatto in cui mangi: il commercio umano dietro la salsa di pomodoro

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Mangiare un piatto di pasta al sugo può contribuire alla schiavitù di migliaia di persone sfruttate ai limiti della decenza umana: un’esagerazione che tuttavia contiene al suo interno un fondo di verità. Nella nostra spesa quotidiana è spesso compreso l’acquisto di un barattolo di salsa: spesso si preferisce la convenienza alla qualità o la convenienza alla conoscenza di come e dove è stato prodotto l’alimento. Dietro al costo basso spesso si nasconde il caporalato: a spiegarlo c’è stato l’incontro organizzato dall’associazione l’Onda perfetta e Arci Capafresca presso la Libera Università della terza età dal titolo ‘Coltiviamo la legalità‘: ospiti del seminario, l’associazione Diritti a Sud e l’associazione Solidaria. Il loro Sfrutta-zero è un progetto inclusivo per rendere dignitosa la vita lavorativa di molte persone nella produzione di salsa di pomodoro: da operai precari ad immigrati fino a studenti e contadini. Con video e immagini hanno riassunto in qualche ora di dibattito cosa si può fare sul territorio, cosa si è fatto e cosa si potrebbe migliorare in futuro.
Ciò che i braccianti hanno vissuto nei campi di pomodori è sceneggiatura da film dell’orrore: ghetti in aperta campagna senza acqua e in spazi ristretti, salari di qualche euro al giorno per turni di più di 12 ore: adesso con il progetto Sfrutta-zero questi stessi lavoratori hanno un posto migliore dove vivere e hanno una paga di dieci euro l’ora. “Sono prima di tutto persone e lavoratori” ha precisato il vicepresidente di Diritti al Sud, Angelo Cleopazzo.

Ciò che è apparso chiaro è stata la denuncia al sistema generale di consumo, fatto di grandi quantità, piccoli prezzi e pubblicità ingannevole ed ovviamente allo sfruttamento dei caporali ed il tacito assenso delle istituzioni: il fenomeno del caporalato esiste da più di vent’anni, fenomeno possibile grazie al “silenzio assordante della comunità e di chi dovrebbe ma non interviene – continua il vicepresidente di Diritti al Sud – c’è una compromissione delle istituzioni, un atteggiamento prono di connivenza: ogni anno si ricreano gli stessi presupposti per lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, che agiscono alla luce del sole. La vera responsabilità risiede in tutti noi”.

La battaglia per una qualità migliore non deve sembrare una semplice utopia. Il consumatore al giorno d’oggi sta man mano sviluppando un potere sempre più crescente: sa distinguere la provenienza dei prodotti che acquista, sa riconoscere gli elementi dannosi, sceglie più o meno attivamente cosa è in linea alla propria dieta, si informa e fa la differenza. Utopisticamente questa volta, sarebbe interessante vedere un bollino ‘senza sfruttamento della manodopera’ su un noto marchio della grande distribuzione invece che ‘senza olio di palma’. Il beneficio a breve termine della convenienza rende cieco il consumatore su quelle che possono essere le spese future in termini di salute e secondariamente economici.