Salve a tutti e ben ritrovati. Vi avevo lasciato la volta scorsa con un motto “Amate quod eritis”; la volontà di crescere, di diventare, di evolversi in una direzione amando profondamente la propria scelta, dove amare deve equivalere al volere che ciò si realizzi. Oggi vorrei porre alla vostra attenzione una mia personale esperienza. Premessa: sono una mamma, e come la maggior parte delle mamme che si ritrovano a rapportarsi con ragazzi/e di 15-16-17 anni, cerco e ho sempre cercato di instaurare con mio figlio un rapporto ampio su diversi fronti, prediligendo di gran lunga l’essere amica piuttosto che mamma. Per alcuni genitori questo modo di rapportarsi è sbagliato e pongono continuamente paletti, regole, imposizioni dimenticando il più delle volte di essere stati adolescenti. Io ho scelto di ricordare cosa sono stata e cosa a quei tempi mi serviva, cosa m’incuriosiva, cosa mi spingeva a scegliere determinate situazioni piuttosto che altre. Sicuramente non tutte le scelte fatte sono state giuste e ponderate, probabilmente avrei potuto fare meglio ma, in ogni caso, sono soddisfatta di come è andata e sono fiera di aver avuto al mio fianco una mamma che come me ha preferito di gran lunga essermi amica. E’ mia abitudine permettere a mia figlia di organizzare dei pigiama party così che, le serate, sopratutto quelle di festa possono durare più a lungo e tra amiche inevitabilmente scatta un meccanismo di condivisione che diversamente non potrebbero sperimentare. Prepararsi la cena e sistemarsi per la notte diventa un momento di crescita oltre che di divertimento. Per me è altresì divertente ma impegnativo: nel momento in cui permetto di organizzare, so quali e quanti sono i rischi a cui mi sottopongo. Ma la gioia del gruppo, il loro entusiasmo, mi dona emozioni che diversamente non potrei mai vivere e accetto sempre ben volentieri. E’ inoltre bellissimo regalare momenti, situazioni che potranno portarsi dentro per tutta la vita. Mi sono accorta di come anche mia figlia cambi a seconda della situazione, di come riesca a relazionarsi sempre meglio con un gruppo e di come, volta per volta, diventi sempre più responsabile. Ed è questo che voglio. Tutto ruota attorno a questo. Ma non sempre tutte le ciambelle riesco con il buco, ed è stato il caso dell’ultimo pigiama party. In occasione della festa di Halloween, avevano in mente programmi assurdi e strampalati senza una reale e sicura organizzazione. Per ultimo la richiesta di un pigiama party. Mi sono tranquillizzata nel pensarle in casa. Ne ho visti di Halloween esagerati e finiti in tragedia, e ogni anno questa pseudo festa diventa sempre più inquietante. “Andiamo un po’ in giro, mangiamo qualcosa e poi proseguiamo la nostra serata in casa” mi disse mia figlia. E in effetti tutto è andato esattamente come descritto. Le ragazze si sono incontrate, fatto un po’ di giri e tutte le volte che le chiamavo erano insieme. Potevo star serena. Di 5 che avrei ospitato, solo una mamma mi contattò per accertarsi che tutto stesse procedendo senza problemi. Giunto il rientro al mio appello c’erano tutte. Ma c’era qualcosa che non andava. Appena ho visto mia figlia ho notato che le sue pupille erano esageratamente dilatate. Le ho domandato subito cosa avesse fatto, se avesse fumato o bevuto ma niente, nessuna risposta. Solo una volta a casa, mentre mia figlia mostrava evidenti sintomi di nervosismo e le sue compagne erano silenziose, grazie al mio essere “loro amica” ho strappato loro un resoconto dettagliato. Mia figlia mi confessò che avevano trascorso metà della serata a sorseggiare alcool. Per alcune, compresa lei, quella risultava essere in assoluto la prima esperienza in materia di alcolici. Ero sconcertata. Non sapevo se far vedere loro la mia totale e assoluta disapprovazione mista a tanta rabbia, se smettere di ascoltare quel patetico riassuntino e sbatterle tutte fuori casa , o se, (come accadde) ascoltarle ancora. A destare la mia preoccupazione era una di loro che appariva ai miei occhi in uno stato di totale trans e abbandono. Armata di tanta pazienza e parecchio spaventata, cercai subito di intervenire nel migliore dei modi, con la speranza di far stare meglio la ragazza. In realtà valutai anche l’opzione di riportarla a casa. Ma fui bloccata dal farlo in quanto tutte le ragazze avevano comunicato ai rispettivi genitori di essere già in casa quando in realtà erano in giro a bere. Cosa avrei detto ai loro genitori? Decisi semplicemente di sorvegliare tutte fino a notte inoltrata, e fu solo solo dopo essermi accertata che la situazione era tornata alla normalità che le lasciai dormire. Ho deciso di raccontare tutto questo nella speranza che nessun altro genitore possa trovarsi in una situazione di questo tipo dove diventa davvero un dilemma il come dover comportarsi. Inoltre vorrei che alcuni genitori fossero un po’ più attenti e presenti nella vita dei propri figli. Se il proprio ragazzo decide di trascorrere la notte a casa di amici è giusto accertarsi che sia la verità, che tutto sia tranquillo. Per tutto il pomeriggio e tutta la serata solo una mamma mi ha contattata; degli altri genitori nessuna notizia. Il giorno dopo ho cercato di far capire a mia figlia in quale guaio si sarebbero potute cacciare e quanta preoccupazione mi avessero procurata, ringraziandola nel contempo per aver dettomi tutto mostrandomi fiducia e maturità. I rischi sono stati tanti e tutti gravissimi: intolleranza all’alcol, pronto soccorso d’urgenza, svenimenti, coma etilico. Insomma per quanto mi riguarda ci siamo salvati tutti grazie al nostro rapporto che va oltre il normale legame genitore-figlio. Non siate dittatori, ma non è il momento per dare tutto o quasi tutto per scontato.
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